Fibromi uterini embolizzazione.I fibromiomi uterini ( o fibroleiomiomi o leiomiomi) sono i tumori benigni maggiormente presenti nell’apparato riproduttivo della donna; sono presenti fino al 40-50% delle donne in età riproduttiva .I fibromiomi uterini possono rientrare nei meccanismi della sterilità e della abortività. Ma la chirurgia per l’asportazione dei fibromiomi può anche essa provocare danni all’apparato riproduttivo. In questo articolo parleremo di fibromi uterni embolizzazione.
Fibromi uterini embolizzazione diagnosi fibromi uterini
Sebbene siano spesso asintomatici, la loro esistenza clinica è in relazione ad una serie di sintomi:
- alterazioni del ciclo mestruale [dolori addominali, metrorragie (sanguinamenti ripetuti tra i cicli mestruali),
- menorragia (cicli abbondanti che durano oltre 1 settimana, con più giorni di flusso abbondante, che obbligano all’impiego di più assorbenti al giorno)
- anemia da abbondanti perdite ematiche],
- fenomeni compressivi degli organi pelvici [con urgenza e frequenza ad andare ad urinare o disturbi della peristalsi intestinale],
- disturbi della fertilità (causano una distorsione strutturale della cavità uterina o del tratto riproduttivo nel caso del fibroma sottomucoso) o dell’impianto e della gestazione, specie nel caso dei fibromi intramurali (con minore contrattilità della parete uterina e furto dell’apporto vascolare operato dal fibroma) 2. [Fig 1]
Pertanto fondamentale nell’iter diagnostico terapeutico appare la visita specialistica. Importante la ricostruzione della storia riproduttiva. Importanti le caratteristiche della sintomatologia, dei desideri di gravidanza, di eventuali trattamenti effettuati in precedenza, medici e chirurgici. Sulla base di tutti questi dati sarà possibile orientare la paziente verso la scelta terapeutica più indicata 2,3 .
Il secondo momento è rappresentato dalla diagnostica per immagini, che servirà a confermare il sospetto clinico.L’ecografia rappresenta la prima scelta, per l’ampia disponibilità delle apparecchiature. Ecograficamente si effettua uno studio addominale e uno transvaginale per avere una visione complessiva e dettagliata [Fig 2]; ha il limite della dipendenza dall’operatore e una sensibilità inferiore alla risonanza.
Fibromi uterini embolizzazione e fertilità. La Risonanza magnetica offre una risoluzione spaziale e una capacità di ricostruzione, in grado di offrire una migliore e più dettagliata localizzazione dei fibromi all’interno dell’utero. Chiarisce il loro numero e le dimensioni, le loro variazioni d’intensità dopo la somministrazione di mezzo di contrasto iodato. Inoltre, è in grado di fornire una accurata mappa vascolare, estremamente utile per il radiologo interventista. Non avendo radiazioni ionizzanti appare la opzione diagnostica ideale per le giovani donne. La risonanza magnetica consente la identificazione delle pazienti che potrebbero non essere candidate ideali per la embolizzazione, per la scarsa vascolarizzazione dei fibromi, o quelle che potrebbero avere più complicanze con l’applicazione di questa tecnica (eccessiva protrusione del leiomioma nella cavità uterina o sottosieroso peducuncolato) [Fig 3]. Sulla base delle risultanze della risonanza si può decidere anche un diverso tipo di trattamento, rispetto a quello originariamente prospettato 4 .
L’isterectomia ha rappresentato per lungo tempo la unica soluzione terapeutica definitiva per il trattamento dei fibromi uterini sintomatici. Oggi, esiste un sempre crescente interesse per opzioni terapeutiche meno invasive e traumatiche, per cui si cerca di evitare la definitiva rimozione dell’utero 5.
Molto più spazio ha assunto la terapia medica, che però ha dimostrato di possedere un’azione limitata nel tempo; notevole campo d’azione ha conquistato l’asportazione dei miomi, in via laparotomica o laparoscopica, che ha il limite di alterare la parete dell’utero, specie nei fibromi intramurali 5 .
Fibromi uterini embolizzazione descrizione procedura
Fibromi uterini embolizzazione è una opzione terapeutico mini invasiva, grazie alla estrema selettività e perifericità di azione, che ha dimostrato di essere sicura ed efficace nel trattamento dei fibromi uterini sintomatici, in grado di diminuire sensibilmente e stabilmente il volume dei fibromi, quindi dell’utero, quindi della sintomatologia clinica; è un’altra valida opzione che cerca di risparmiare il più possibile l’utero, in modo da preservare anche le capacità riproduttive 6 .
Sulla base di alcune esperienze riportate il letteratura, dove il trattamento dei fibromi ha migliorato le performance di fertilità, rispetto ad un gruppo di popolazione non trattato, le donne con una infertilità, indotta o determinata dalla presenza di un fibroma uterino, sia esso sottomucoso o intramurale, potrebbero avvantaggiarsi dall’impiego della embolizzazione delle arterie uterine, ma la scelta è sempre complessa 7.
Ci sono considerazioni anatomiche e funzionali che vanno prese in considerazione: sebbene sia possibile trattare la singola lesione o la paziente con fibromi multipli in un’unica seduta, per quanto sia il fibroma sottomucoso, che quello intramurale, che il sottosieroso possano essere sottoposti ad embolizzazione, occorre sapere che nei fibromi sottomucosi, se la base d’impianto è molto larga, tanto da poterli identificare come intracavitari, è probabile attendersi perdite transvaginali nei giorni immediatamente dopo la embolizzazione dei fibromi uterini, fino alla loro espulsione, con perdita di veri e propri coaguli. Tale fenomeno può essere sopportato bene dalla signora, ma può essere complicato da dolore addominale o pelvico, fino a sensazione di crampi, che può richiedere l’assunzione di analgesici e antinfiammatori, fino ad un intervento di un ginecologo; mentre per gli intramurali si è arrivati a proporre una diametro massimo della lesione da embolizzare di 12 cm, sapendo che oltre tale limite l’effetto di restringimento del fibroma e dell’utero è inversamente proporzionale, per la maggior presenza di aree in degenerazione e mal vascolarizzate. Per tali motivi gli effetti della procedura di embolizzazione sulla sintomatologia sarà più limitata. Per l’embolizzazione dei fibromi uterini sottosierosi occorre sapere che la loro necrosi può essere associata ad una maggiore richiesta di controllo del dolore; quelli peduncolati poi si cerca di non sottoporli a questa opzione, perché a rischio di distacco in addome e causa di infiammazioni anche letali, tanto da considerarli non indicati per questa opzione terapeutica 8 .
I fibromi cervicali sembrano offrire più resistenza ai fenomeni di necrosi dopo l’embolizzazione. Forse perché tributari di un apporto arterioso addizionale o alternativo a quello sottoposto ad embolizzazione 9 .
Tutti queste considerazioni anatomiche sono avvalorate dai comportamenti funzionali dei fibromi, accertati con la risonanza magnetica: il considerevole incremento di segnale che tali lesioni tumorali fanno registrare nelle varie sequenze di studio, dopo somministrazione di mezzo di contrasto, sono espressione dell’intensa vascolarizzazione arteriosa dei fibromi e quindi, indirettamente, del migliore risultato che si può ottenere con l’embolizzazione 4 .
Fibromi e fertilità. La procedura si effettua in sala angiografica, con un approccio femorale, unico o bilaterale, a seconda delle scuole di pensiero; il primo accesso prevede prima il trattamento del lato controlaterale a quello d’ingresso, riservando l’ultimo come secondo tempo dell’intervento. Questo tipo di approccio, il più diffuso tra gli operatori, comporta un unico foro d’ingresso, ma il cambio dei cateteri angiografici, con differente curvatura, per poter agevolmente effettuare il cateterismo selettivo dei singoli vasi arteriosi. Dal momento che tanto l’embolizzazione deve essere bilaterale, viste le ampie comunicazioni tra i due lati, altri autori hanno suggerito il doppio cateterismo e l’iniezione contemporanea di materiale embolizzante; se prevede due fori d’ingresso, d’altro canto la contemporaneità d’iniezione, effettuata da due operatori, e il cateterismo controlaterale dell’arteria uterina più agevole da effettuare rispetto all’omolaterale, accorcia i tempi complessivi dell’intervento, con riduzione dei tempi di fluoroscopia e della dose radiologica assorbita 10. Noi applichiamo l’accesso transbrachiale che, seppur lontano dalla zona d’intervento, grazie al percorso rettilineo, consente un unico accesso e un solo catetere angiografico per il cateterismo di entrambe le arterie uterine, esaltando l’azione meno invasiva della procedura, tanto da consentire la deambulazione della paziente dopo 2 ore dall’intervento.
Sotto il diretto controllo fluoroscopico, si procede all’interno dell’arteria iliaca interna; con un’apposita angolatura del tubo radiologico, si procede al successivo cateterismo dell’arteria uterina, con il solo catetere angiografico o aiutandosi con un microcatetere, di 2-3mm di calibro, per evitare spasmi del vaso arterioso. [Fig 4]
Dopo un rapido controllo arteriografico della posizione della punta del catetere, oltre l’emergenza dell’arteria cervico-vaginale, avendo escluso la presenza di anastomosi utero-ovariche, s’inietta il materiale embolizzante, fino ad occludere il/i vaso/i che riforniscono il fibroma. La procedura è ripetuta dal lato controlaterale. A causa dell’intensa vascolarizzazione del fibroma, numerosi sono i vasi che apportano flusso arterioso, in modo preferenziale se non quasi esclusivo, solo al fibroma, tanto che solo questi è visibile nelle fasi arteriografiche tardive; sfruttando tale principio di fisiologia clinica, il materiale particolato si dirige, inizialmente, solo ed esclusivamente in questi vasi, sfruttando l’azione di richiamo operato dal fibroma, fino ad occluderli. L’embolizzazione prosegue fino ad un quadro angiografico di potatura dei rami più periferici [Fig 5].
Come materiale embolizzante si usano particelle di alcool polivinilico [Contour, Boston Scientific – Ivalon, Cook], oppure microsfere idrofiliche [Embosphere, Merit], in grado di adattarsi meglio al diametro dei vasi.
Fibromi e fertilità. Un buon protocollo farmacologico è necessario per preparare la paziente e sostenerla durante le varie fasi dell’intervento; è fondamentale per gestire il dolore nel periodo successivo all’embolizzazione e lasciare il ricordo di una esperienza positiva alla paziente. Il dolore è legato all’ischemia dell’utero e alla necrosi del fibroma. In genere si associano degli antinfiammatori non steroidei, con narcotici e antibiotici, somministrati in infusione continua.
Dopo 15 anni di esperienze e di dati clinici, i risultati dicono che il successo clinico della procedura la si ottiene nel 92-94%, con un buon controllo della sintomatologia per un periodo di 1 anno. Nell’EMMY trial, studio olandese di confronto tra isterectomia ed embolizzazione, rispetto alla isterectomia, il controllo dei sintomi è stato leggermente inferiore, contro un più breve periodo di ospedalizzazione e di un più rapido ritorno alle proprie attività; rispetto ad un identico miglioramento della qualità della vita, accertato nell’arco di 5 anni, la procedura endovascolare ha permesso di evitare un grosso intervento 11.
Nel REST trial, studio multicentrico di confronto tra soluzione chirurgica (miomectomia o isterectomia) e quella endovascolare, i risultati hanno mostrato una necessità di dover ricorre ad un nuovo intervento medico nel 13% dei casi, dopo embolizzazione, magari anche solo per gestire meglio il dolore; un 28% d’isterectomie nell’arco di 5 anni, magari per trattare nuovi fibromi, insorti successivamente con l’avanzare dell’età della paziente; anche in questo studio, oltre a dimostrare la sicurezza dell’intervento endovascolare, ne ha confermato l’efficacia clinica, il ruolo meno invasivo della chirurgia, con una più breve ospedalizzazione (2 contro 6 della soluzione chirurgica), sebbene le pazienti trattate con miomectomia facessero registrare un maggior grado di risoluzione dei sintomi 12 .
La persistenza dei sintomi dopo una embolizzazione dei fibromi uterini, correttamente eseguita, può essere dovuta ad una incompleta embolizzazione dei vasi uterini o ad una loro riabitazione da parte di una circolazione arteriosa accessoria. Inoltre, l’estensione dell’infarto del fibroma può essere messo in relazione alla scelta del materiale embolizzante impiegato o al punto di arresto dell’embolizzazione. I migliori risultati si ottengono con una embolizzazione bilaterale, con una dimensione massima dei fibromi compresa in 5 cm, se questi dimostrano una intensa vascolarizzazione.
Le complicazioni maggiormente registrate sono l’espulsione di materiale necrotico (5%), che si registrano maggiormente se il fibroma ha un’ampia area di contatto con la cavità endometriale; una sindrome da post-embolizzazione (febbricola, dolenzia addominale – 18%); una insufficienza ovarica ed amenorrea transitoria (7,5%), attribuita ad una non visione delle anastomosi utero-ovariche e ad una loro embolizzazione non desiderata.
Per quanto riguarda il problema della fertilità, sappiamo che il fibroma può ostacolarla sia perché rende difficile l’impianto, sia perché può ostacolare la placentazione e rendere difficile il successivo travaglio. Gli studi di confronto tra donne trattate per il fibroma , rispetto a quelle non trattate, sebbene su campioni molto limitati, hanno mostrato risultati migliori. 78% di donne hanno avuto una gravidanza, dopo essere state sottoposte a miomectomia, rispetto ad un 50% dopo embolizzazione, contro un 23% di quelle non trattate. Quindi, per donne che desiderano portare a termine una gravidanza dopo il trattamento dei fibromi, la scelta della terapia sembrerebbe orientarsi vero la miomectomia. Ma gli studi di controllo dell’utero dopo l’embolizzazione, effettuati con la risonanza magnetica hanno dimostrato che a tre mesi dall’intervento endovascolare, la vascolarizzazione del miometrio e dell’endometrio è perfetta, fornendo un valido supporto per spiegare le numerose gravidanze a termine registrate. Sicuramente, l’embolizzazione dei fibromi uterini attraverso le arterie uterine appare la scelta obbligata per le pazienti non candidate ideali alla chirurgia, per la presenza di una comorbilità, oppure che abbiano già eseguito un intervento chirurgico addominale o pelvico. L’embolizzazione é indicata per pazienti che abbiano un fibroma di dimensioni superiore ai 3,5 cm, che necessita di un approccio chirurgico più esteso. Oppure che non desiderino sottoporsi ad intervento chirurgico, perché potrebbe alterare l’integrità della parete uterina. Numerose esperienze hanno dimostrato che la gravidanza dopo una embolizzazione delle arterie uterine è possibile.
Chiaramente, l’embolizzazione delle arterie uterine è una opzione affascinante e accattivante. La maggiore selettività di azione e la minore invasività costituiscono i capisaldi che catturano le necessità e le preferenze di una giovane donna, desiderosa di avere una gravidanza. Solo in centri di grande esperienza è possibile garantire i migliori risultati.
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